L'esperimento che Jung fece su di sé
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2010-12-19/esperimento-jung-fece-082419.shtml
Il Libro rosso, o Liber Novus, di Carl Gustav
Jung è l'evento editoriale dell'anno, così come lo era stata l'anno scorso, a
livello internazionale, l'edizione inglese – anticipata su queste pagine
il 18 ottobre 2009 – divenuta un best-seller a dispetto della mole e del prezzo.
Non è solo un libro splendido, strano, commovente, unico – è scritto in
caratteri miniati e corredato di illustrazioni immaginifiche alla William Blake
– ma è anche un documento cruciale per la storia delle idee. Non è solo un
dialogo serrato con la propria anima, i cui modelli sono il Faust di Goethe e lo
Zarathustra di Nietzsche, un'autoanalisi svolta sull'orlo di un autentico
naufragio esistenziale, ma è soprattutto il lavoro che segna il distacco da
Freud.
Jung era entrato in contatto col padre della psicoanalisi nel 1906 per poi
diventare presidente della Società psicoanalitica. Il rapporto tra i due è
ampiamente mitologizzato e il Libro rosso chiarisce che la fonte primaria
dell'opera junghiana non può essere rintracciata in Freud e nella psicoanalisi.
Concetti come quello dei tipi psicologici (introverso e estroverso per esempio),
il processo di individuazione e l'inconscio collettivo vengono elaborati qui per
la prima volta e sono distanti dall'impronta freudiana.
L'interesse del Libro rosso va anche al di là del mito e dell'aura di mistero
alimentati dal divieto di pubblicazione imposto a lungo dagli eredi, superato
grazie al paziente lavoro di persuasione dell'infaticabile e acutissimo
curatore, lo storico della psicologia indiano Sonu Shamdasani. Perché in realtà
questo testo, tenuto "segreto" dallo stesso Jung, non contiene nulla di
pruriginoso o di scandaloso. Il suo carattere messianico e allucinatorio non ha
a che fare con l'uso di droghe. Le immersioni nel sogno, nel mito e nello
spirito religioso non sono i sintomi di una conversione, o concessioni a un'idea
di superiorità dell'irrazionale o a pensieri in stile New Age, benché tutto ciò
sia la testimonianza di un processo di rinnovamento e di rinascita di sé,
elaborato nel contesto di una personale riflessione cosmologica. Qui si gettano
piuttosto le basi per lo studio dei meccanismi universali dell'animo umano,
andando alla ricerca di quei modelli di comportamento di carattere istintuale e
culturale che Jung definirà come «archetipi» e che oggi si suggerisce di
approfondire e verificare a partire dalle neuroscienze e in particolare dagli
studi sulle emozioni di Antonio Damasio e di Vilayanur S. Ramachandran.
Il Libro rosso è anche una sorta di modello per un lavoro che ognuno dovrebbe fare su di sé, un "esercizio spirituale" – l'uso e la riflessione sulle immagini rimandano anche alle tecniche di Sant'Ignazio – volto a scandagliare le parti più nascoste e più irrazionali dell'io e dal quale non si può che uscire rafforzati. Un esercizio che ci riguarda tutti, perché, – scrive Shamdasani – «al pari di molti altri psichiatri e psicologi, Jung non considerava la malattia mentale un fenomeno antitetico allo stato di salute, ma riteneva andasse collocata all'estremo limite di uno spettro continuo».
Tutto era cominciato nel 1913. In un viaggio in treno verso Schaffhausen, Jung ebbe la visione di una terribile alluvione che inondava l'Europa – macerie, galleggianti e migliaia di morti – che, come avrebbe detto più tardi, preconizzavano i disastri delle Prima guerra mondiale. Jung, quarantenne e professionalmente affermato, sfida a viso aperto visioni e sogni di questo tipo, non sapendogli dare una interpretazione immediata. Inizia così, nel pieno di una crisi personale, l'esperimento su se stesso (che poi avrebbe chiamato il suo «confronto con l'inconscio») che proseguirà fino al 1930. Sviluppa uno specifico metodo di esplorazione psicologica – detto «immaginazione attiva» – finalizzato a consentirgli di «andare alla base dei processi interiori», «tradurre le emozioni in immagini» e «cogliere le fantasie che sollecitavano dal sottosuolo».
In un primo tempo Jung annota le sue fantasie nei Libri neri, quindi le rielabora aggiungendovi una serie di riflessioni e le trascrive in scrittura calligrafica, corredandole di illustrazioni, nel Liber novus, rilegato in pelle rossa, da cui il nome Libro rosso. L'originale è stato esposto, nell'ultimo anno, insieme ad altri materiali a New York e in California. La mostra inaugurata ieri a Zurigo espone anche le sculture che appartennero a Jung e, per la prima volta, gli originali dei Libri neri e le pergamene su cui egli scriveva in caratteri miniati. Sapeva che il suo non era il lavoro di un "artista", né voleva abbandonare la propria mentalità "scientifica", benché fosse dalla consapevolezza dei limiti di quella che era scaturito il proprio disagio di fronte al fluire dinamico dell'irrazionale e dell'inconscio. «Il lavoro sull'inconscio va fatto in primo luogo per noi stessi – scriveva Jung –, anche se indirettamente andrà a beneficio dei nostri pazienti.
Il pericolo è quello della follia profetica, spesso in agguato quando si ha a che fare con l'inconscio. È il Diavolo che dice: disprezza la ragione e la scienza, eccelsi poteri dell'uomo. Questo fatto non va mai dimenticato, anche se siamo costretti a riconoscere l'esistenza dell'irrazionale».
Carl Gustav Jung (1875–1961) è stato il fondatore della psicologia analitica, dopo essersi separato da Freud, insistendo sulle nozioni di archetipo, tipi psicologici e inconscio collettivo. Nel 1913, quarantenne e realizzato, è colto da incubi e visioni che annoterà nel «Libro Rosso», testo rimasto segreto fino a oggi
il libro rosso Carl Gustav Jung
a cura di Sonu Shamdasani
Bollati Boringhieri, Torino pagg. 372 + XXII | € 150 Mostra a Zurigo al Museum Rietberg, fino al 10 marzo 2011
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